I temi delle comunicazioni

AVVERTENZE •  I testi delle comunicazioni sono riportati sul sito Internet: www.usicivici.unitn.it •  Modalità di citazione dei contributi inclusi nella presente lista: Autore , (2013), “ Titolo ”, Comunicazione presentata alla 19^ Riunione scientifica del Centro Studi e Documentazione sui Demani civici e le Proprietà collettive, Università degli studi di Trento, 14-15 novembre 2013.

1. "Im interesse der bevölkerung". Voci contro le normative sugli usi civici del periodo fascista nell'indagine sulle consuetudini giuridiche della Venezia tridentina, di MAURO NEQUIRITO, della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche.

2. Verso una esatta intestazione e intavolazione delle terre di uso civico. Commento a Decreto G. N. 9138/2012 del Giudice Tavolare di Merano, di MAURO IOB, avvocato del Foro di Trento.

3. La giurisdizione nelle controversie sulla misura dei canoni di legittimazione delle abusive occupazioni e del capitale di affrancazione. Commento alla sentenza del Tribunale di Foggia, Sez. Dist. di Manfredonia n. 21 del 2 marzo 2011, di CLAUDIA FEDERICO, del Foro di Roma.

4. La gestione collettiva fondiaria è considerata una forma del passato e non innovativa; ma molte ragioni inducono a ritenere altrimenti, di FRANCESCO e VINCENZO MASTROMARCO, istruttori / periti demaniali – storici del Mezzogiorno d’Italia.

   Riassunto. Le vicende storiche inerenti la gestione comune del tessuto rurale confrontate con le presenti realtà, deve fornire insegnamenti volti ad un futuro lungimirante nel riscoprire e valorizzare associazionismo e collettivismo agrario per riformare gli assetti fondiari e migliorare quelli sociali.

5. Ruolo delle Proprietà Collettive e dei Comuni nella gestione forestale del Veneto: relazione sinergica o conflittuale?, di MATTEO FAVERO, PAOLA GATTO, DAVIDE PETTENELLA, LAURA SECCO, dellUniversità degli Studi di Padova – Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali.

   Riassunto. Le proprietà collettive rappresentano un esempio paradigmatico di come vicissitudini storiche e riforme istituzionali più recenti abbiano contribuito e tuttora concorrano a modellare i paesaggi silvo-pastorali e a definire i meccanismi e la struttura amministrativa preposti alla loro gestione.
   Oggigiorno, una rilevante ondata di riorganizzazione istituzionale pone un rinnovato accento sul ruolo delle proprietà collettive nell’assicurare la conservazione delle risorse forestali e lo sviluppo socio-economico delle aree montane. Partendo da una legislazione statale nuovamente favorevole, alcune Regioni hanno dunque proceduto al riconoscimento del ruolo delle proprietà collettive nella gestione del patrimonio forestale. La Regione Veneto è stata tra i capofila di questo processo, e ha attribuito alle proprietà collettive notevoli responsabilità socio-economiche che superano ampiamente la mera gestione forestale, promuovendone persino la ricostituzione.
   Nondimeno, alcune evidenze suggeriscono che la coesistenza tra proprietà collettive e Comuni posa talvolta su un equilibrio instabile, e che è necessario rinforzare progressivamente il coordinamento tra queste istituzioni locali. Questo studio, quindi, investiga il grado di cooperazione tra i Comuni veneti e le proprietà collettive presenti nel loro territorio amministrativo.
   L’indagine mira a comprendere se i conflitti istituzionali riportati, inerenti la gestione delle risorse fondiarie ed il riconoscimento delle mutue competenze e responsabilità in attività di promozione socio-economica, siano da ritenersi isolati, o se esistono problemi più strutturati e cronici che rischiano di compromettere l’efficienza e l’efficacia dell’azione delle proprietà collettive. Sulla base di interviste rivolte ad amministratori locali, viene discusso se l’attuale tentativo di “riconciliazione” tra strategie pubbliche e collettive sia prodromo a più alti livelli di coordinazione all’interno del settore forestale, o se in futuro potrebbero manifestarsi conflitti ora latenti.

6. Beni Comuni e Usi Civici nella Contemporaneità, teorie e sperimentazioni, di GIORGO PIZZIOLO, professore di Analisi e pianificazione territoriale nella Facoltà di Architettura dell'Università degli studi di Firenze.

7. I testamenti nella formazione del "patrimonio fondiario collettivo" delle comunità della Vallemaggia nel tardo medioevo, di ROBERTO LEGGERO, Assistente alla ricerca nel Laboratorio di Storia delle Alpi (LabiSAlp) dell'Accademia di Architettura, Mendrisio (CH).

   Riassunto. Il contributo intende esaminare, sulla base della documentazione esistente edita e inedita, il ruolo e la funzione dei lasciti testamentari nel consolidamento dell'identità collettiva e nella crescita del patrimonio immobiliare di alcune comunità, prendendo in considerazione un gruppo di testamenti redatti in Vallemaggia (Svizzera) tra XIV e XV secolo.

8. Forme di proprietà collettive e analisi economica del diritto: verso un superamento della tragedia dei commons, di FIORE FONTANAROSA, Dottore di ricerca in Diritto privato comparato nell'Università degli studi del Molise, Campobasso.

   Riassunto. L'analisi economica fornisce al giurista un approccio metodologico nuovo in quanto cerca di applicare gli strumenti della microeconomia allo studio dei problemi giuridici. L'obiettivo è quello di arricchire e modificare la prospettiva del giurista.
   Gli economisti vanno in cerca dell'efficienza, mentre i giuristi si occupano di ricercare la giustizia, avendo un punto di vista normativo; tuttavia, le due visioni sono conciliabili. L'analisi economica del diritto offre al giurista uno strumento che permette di fare una valutazione dei costi da sostenere per raggiungere determinati obiettivi, suggerendo la via (più) efficiente per raggiungere quest'ultimi.
   L'analisi economica è stata utilizzata in vari settori giuridici, come ad es. quello dei property rights. I sistemi economici si differenziano per il tipo di diritti di proprietà di cui dispongono; la performance dell'economia dipende dalla struttura dei diritti di proprietà. L'analisi economica del diritto permette di verificare se istituti quali gli usi civici e i demani collettivi possano costituire una soluzione all'utilizzo eccessivo delle risorse, criticità individuata da Hardin nel suo "The Tragedy of the commons", insita nelle forme comunitarie di appartenenza dei beni.

9. Contenzioso in materia di usi civici. Individuazione dell'estensione e determinazione della qualitas soli e della natura giuridica dei terreni mediante l'utilizzazione di strumentazione di rilevamento satellitare GPS, di ROBERTO SABATINO, dottore di ricerca PhD Università Mediterranea di Reggio Calabria.

   Riassunto. In molti casi, il Consulente Tecnico d'Ufficio è chiamato dal Giudice Istruttore (solitamente il Commissario per gli Usi Civici o un suo rappresentante facente funzioni) a rispondere sull'individuazione dell'estensione dei demani, sulla loro qualitas soli e natura giuridica delle terre oggetto di contraddittorio legale.
   Da circa venti, il Ministero della Difesa degli Stati Uniti d'America ha concesso l'uso di strumentazione di rilevamento satellitare a tecnici civili per l'espletamento delle loro attività professionali (rilevamento di superfici, aree, strade, manufatti, vegetazione, ecc.).
   I tempi di rilevamento e le modalità di rilievo sono molto brevi e semplificati rispetto alla strumentazione tradizionale (tacheometro, teodolite, stazione totale, ecc.).
   Tale strumentazione è caratterizzata da un margine di errore molto basso o nullo, che è in funzione di alcuni parametri quali il numero dei satelliti e la loro geometria (la disposizione rispetto alla terra), la loro altezza rispetto all'orizzonte, le condizioni atmosferiche al momento della registrazione, l'orografia, il grado di copertura, la tecnologia dello strumento stesso.
   I dati delle registrazioni GPS, una volta elaborati con apposito software, possono essere trasformati in dati grafici (DXF) ed essere utilizzati per la redazione di mappe, carte sinottiche e GIS.
   Un caso di utilizzazione di strumentazione GPS è avvenuta nel contenzioso tra il Comune di Olivadi (CZ).

10. Il contributo dei geometri alla definizione della proprietà collettiva in Italia tra saperi tecnici, definizione giuridica e pratica dei luoghi: la cinquantennale attività di Giuseppe Torrero tra Piemonte e Liguria (1930-1980), di VITTORIO TIGRINO, dell'Università del Piemonte Orientale; ANNA STAGNO, dell'Università di Genova; GIULIA BELTRAMETTI, del Laboratorio di storia delle Alpi, Mendrisio.

    Riassunto. Il tema del rapporto tra saperi tecnici e storia delle risorse è uno dei più fertili campi di indagine che la storiografia ha cominciato ad esplorare in questi ultimi anni. Il legame tra controllo statuale ed affermazione di un sapere scientifico omologato nel campo del controllo e della gestione delle risorse naturali e dell'ambiente è stato messo in luce nelle sue implicazioni culturali, sociali ed economiche, nel campo della storia istituzionale e sociale, e di quella ambientale.
    Il contributo che si vuol proporre intende analizzare dal punto di vista della storia della proprietà collettiva questo nodo, mettendo al centro una figura di importanza straordinaria nella storia del Novecento per quel che riguarda l'Italia nord-occidentale, quella del geometra Giuseppe Torrero. Figura nota solo ai "praticanti" delle carte dell'Archivio commissariale per il Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, il Torrero muove per quasi cinquant'anni la sua attività nelle 3 regioni (con importanti sconfinamenti anche verso la Lombardia e la Toscana), e sulle sue carte si può misurare per certi versi l'impatto che la legislazione sugli usi civici ebbe in queste regioni; zone che, rispetto al resto d'Italia, soffrono ancora oggi di una ricostruzione del fenomeno del tutto deficitaria.
    La presentazione illustrerà la ricerca in corso, a partire dalla scoperta di un vero e proprio giacimento archivistico, ovvero l'archivio personale del geometra, conservato dalla famiglia e messo a disposizione per questa ricerca. Ricerca che intende esplorare a tutto campo la figura del Torrero, potendo contare anche sulla sua biblioteca personale.
    L'intenzione è quella di mettere a confronto le sue carte con quelle dell'archivio del CLUC delle tre regioni (conservato a Torino), e di ricostruire la sua attività sul campo, anche con l'ausilio delle carte conservate negli archivi comunali e in quelli dei comitati frazionali (alcune già reperite e analizzate), attraverso le quali è spesso possibile ritrovare tracce della contrattazione locale alla quale erano sottoposti gli interventi commissariali. Si analizzerà inoltre la sua figura culturale, e la sua formazione professionale, puntando in questo a proporre un'attenzione ad aspetti ancora in parte inediti.

11. Appunti a proposito di rapporti tra diritto di proprietà della terra e diritto al lavoro, con qualche divagazione su un'arringa di Piero Calamandrei e con uno stravagante codicillo su alcune reliquie di jus plantandi, di CESARE TREBSCHI, avvocato del Foro di Brescia.

12. Memorie di comunità: le Regole di Spinale e Manez disegnano il futuro attraverso la storia, di BEATRICE MARELLI, ALESSANDRO GRETTER, ROSSELLA PRETTI, ZEFIRINO CASTELLANI, GRAZIANO RICCADONNA.

    Riassunto. L'antica comunità delle Regole di Spinale e Manez si profila come una delle istituzioni più longeve per la gestione dei beni comuni nel panorama italiano. Probabilmente risalente a prima dell'anno mille, vede la sua ufficializzazione nel 1249. Assieme al diritto di legnatico vennero stabilite precise norme di accesso al pascolo ad esclusivo e perpetuo beneficio dei membri della comunità. Nasceva così un'istituzione destinata a vedere immutata nel corso dei secoli la propria vocazione di salvaguardia dei beni ambientali e del patrimonio culturale delle valli a ridosso del monte Spinale. Un'attribuzione chiara di compiti e responsabilità ha contraddistinto da sempre la comunità, che ha previsto oltre ai propri membri ordinari, degli amministratori responsabili di fronte all'intera collettività sulla base di un apposito giuramento introdotto nel 1410. Si tratta di un codice di condotta valido ancora oggi, diventato codice morale e tradotto in orientamenti di governance coerenti con la tutela dell'ambiente umano, culturale e naturale della comunità. A partire dall'età napoleonica, l'istituzione della Regola è stata oggetto di attacchi da parte di amministrazioni di livello superiore, che hanno cercato di sostituire all'antica comunità un più moderno sistema comunale di rappresentanza. A nulla sono però valsi questi tentativi, poiché il gruppo sociale ha protetto se stesso e le proprie istituzioni da ogni ingerenza esterna fino al definitivo riconoscimento della propria indipendenza, avvenuto nel 1960 ad opera di una legge della provincia di Trento.
    La ricerca in corso tende a dimostrare come le istituzioni comunitarie tradizionali deputate alla gestione di risorse comuni, quali le Regole, siano efficienti proprio perché coordinate a sistemi di monitoraggio e di sanzionamento interni, elaborati in seguito ad un lungo processo di adattamento al contesto ambientale e sociale reso possibile da una diffusa interiorizzazione di norme, valori e credenze collettive sviluppata nel corso di interi secoli. Attualmente, si è nella fase di ricostruzione storico-archivistica delle norme stipulate a precipua protezione del patrimonio culturale e naturale da parte della comunità, in particolare nell'ultimo secolo. Assieme a questo lavoro, si è dato ampio spazio all'avvicinamento degli attori sociali che più di altri si sono prestati come portavoce del patrimonio più caro agli abitanti delle Regole: la storia delle proprie relazioni sociali. Attraverso questo sguardo, sta emergendo come risultato preliminare un ritratto singolare di una comunità con una spiccata e ben definita personalità, cui non mancano abilità di ascolto interno e visione. Mostrando capacità di governance attente al territorio, sistemi di accountability solidi e una personalità autonoma rispetto ad istituzioni di livello superiore, le Regole di Spinale e Manez si profilano quindi come un caso esemplare di corretta costruzione istituzionale per la gestione di beni comuni.

13. Agrarian commons in Slovenia: un concetto antico per una moderna forma di gestione forestale, di ALESSANDRO PALETTO, dell'Unità per il Monitoraggio e la Pianificazione Forestale del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA-MPF).

    Abstract. Le agrarian commons, conosciute anche come forest commons o urbariats, hanno una lunga tradizione che risale alle antiche comunità slave che risiedevano nella zona dell'attuale Repubblica di Slovenia. Il concetto di agrarian commons così come il tipo di gestione attuata in queste proprietà collettive è cambiato nel corso della storia. In particolare, a seguito dell'entrata in vigore dell'Act on agrarian commons nel 1947, circa 1.000 proprietà colletive slovene sono state nazionalizzate. Tale processo ha portato all'assegnazione della gestione di suddette terre collettive alle cooperative o alle imprese forestali statali escludendo dalla gestione gli storici aventi diritto. La nascita della Repubblica di Slovenia nel 1991 ha modificato questa situazione attraverso l'entrata in vigore del Denationalization Act (1991) e dell'Act on reestablishment of agricultural communities and restitution of their property and rights (1994). Queste due leggi nazionali hanno portato a un processo di restituzione delle terre introducendo però delle significative differenze rispetto alla situazione antecedente al processo di nazionalizzazione.

14. Le reazioni delle comunità all'incameramento dei demani civici nello Stato Pontificio di antico regime: una possibile chiave di lettura per inquadrare dinamiche e destino degli assetti collettivi oggi, di FLAVIA MANCINI, dottoranda di ricerca in cotutela fra l'école des hautes études en sciences sociales di Parigi (ehess) e l'Università di Roma tre.

15. Gli assetti fondiari collettivi nella società attuale globalizzata e in crisi nei settori chiave: un progetto pilota per arrestare il degrado dei patrimoni delle comunità locali, , di MARIA ATHENA LORIZIO, avvocato del Foro di Roma e segretario generale A.PRO.DUC. e GIULIA ZANOTTI.