I DEMANI COLLETTIVI E I DIRITTI CIVICI OGGI
IN ITALIA
INDICE

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Introduzione -
Il
Commissariato agli usi civici: le funzioni giurisdizionali
Le
funzioni commissariali trasferite alle Regioni
Premessa
Le pagine che seguono raccolgono riflessioni maturate in quasi
due decenni di magistero presso il Commissariato agli Usi Civici di
Roma, prima in qualità di Commissario Aggiunto sotto la presidenza e
la direzione del Presidente Eduardo Di Salvo, poi, dal 1993, in qualità
di Commissario Dirigente.
Il Commissariato di Roma ha competenza sul territorio di tre
Regioni Amministrative – Lazio, Toscana ed Umbria – ed incrocia la competenza
giurisdizionale di quattro Corti d’Appello – oltre quelle di Roma, Perugia
e Firenze, anche la Corte d’Appello di Genova, cui è ricollegato il
circondario del Tribunale di Massa Carrara; ma le competenze commissariali
si affiancano a quelle del giudice ordinario e non hanno con queste
alcun collegamento, il giudizio di secondo grado essendo riservato alla
Corte d’Appello di Palermo per quanto attiene al territorio siciliano,
alla Corte d’Appello di Roma per ogni altro distretto commissariale.
Questa organizzazione giudiziaria deriva sostanzialmente dalla
antica ripartizione del territorio italiano nei diversi stati preunitari
- basti pensare che il Commissariato di Torino rimane competente per
il territorio dell’antico Stato Sabaudo e quelli di Napoli e Palermo
si ripartiscono ragionevolmente il territorio del Regno delle Due Sicilie.
Essa comporta per il Commissariato di Roma la necessità di mantenere
dei rapporti con ben quattro amministrazioni regionali, anch’esse oggi
competenti per la sistemazione e la gestione delle terre civiche; fra
esse, la Regione Lazio è la più ricca di terre tuttora soggette al regime
del demanio collettivo, e, senza dubbio, la più fertile di iniziative
intese al superamento della loro tradizionale disciplina di accertamento
e di utilizzo.
Le riflessioni che seguono non vogliono risolvere tutti i problemi
che si pongono, ma dare un contributo per far luce in una materia spesso
obliterata e fraintesa quasi da ogni istanza istituzionalmente competente.
L’affermazione non sembri eccessiva o irrispettosa; come potrà constatare
chi avrà la pazienza di leggere il libro fino in fondo, potrà constatare
– forse con stupore, forse con sollievo – che molti e gravi fraintendimenti,
condivisi dalle supreme autorità dello Stato, segnalano una definitiva
presa di distanza dalla coscienza giuridica moderna dalle ragioni economiche
e giuridiche della proprietà collettiva.
Nel contempo, tuttavia, ai vari livelli della collettività nazionale
e internazionale, gli interessi comuni cercano nuove strade per un riconoscimento,
che appare ad una valutazione sommaria contrastante con i principi ispiratori
del dominante individualismo proprietario; ed è proprio in questa prospettiva
che il futuro può riservare nuovi spazi anche all’esperienza maturata
nell’accertamento e nella gestione dei demani collettivi, facendo giustizia
dei giudizi sommari spesso rilasciati ad ogni livello su questo diverso
modo di possedere e su coloro che si dedicano a conservarne la memoria.
Roma,
6 giugno, 2001.
Franco Carletti